domenica 1 novembre 2009

Pubblicazioni di Enzo Gancitano

Enzo Gancitano, dopo il suo collega Giuseppe Napoli è l’unico che abbia intrapreso un’avventura, irta di pericoli, come quella di scrivere di Storia Patria. Qualche altro ha raccolto memorie, ma in modo disarticolato e non certosinamente documentato, come ha fatto Enzo. I suoi scritti sono e resteranno una pietra miliare per lo studio del vissuto delle varie generazioni di mazaresi. Voglio riportare, sul mio blog, doverosamente, le copertine delle sue pubblicazioni a futura memoria.
Ho aggiunto, anche, due dediche che lui ha voluto, oltre i miei meriti, apporre sul primo e sull’ultimo volume, non perché io desideri pavoneggiarmi (chi mi conosce sa, che non sono il tipo), ma perché, avendo anch’io contribuito, nel mio piccolo, a mantenere viva la memoria di questa comunità, ritengo doveroso dare a Cesare quel Che è di Cesare. Spero che il meticoloso lavoro svolto dallo "storico" Gancitano e dal "raccoglitore" Catalano possano servire da stimolo a chi ci seguirà in questa avventura terrena, per non far disperdere le memorie, che sono il più grande patrimonio di una Comunità.



Pubblicato nel 2000




Pubblicato nel 2001

Pubblicato nel 2002

Pubblicato nel 2004


Pubblicato nel 2005
Pubblicato nel 2006
Pubblicato nel 2016

Pubblicato nel 2017






POZZO MUSULMANO

“…Quando le belve fulve andranno in branchi,
e il mare di furor ribollirà, / si cercheranno le anime dei morti
a rivestirsi dei loro morti corpi / e dalle soglie la fanciulla livida
dirà all’Interrogante / per qual delitto lì sepolta sta;…”
Corano (Sura LXXXI)

All’interno della florida campagna mazarese, sulla destra della statale in direzione Marsala, dopo le due rotatorie, spicca un bell’esemplare di pozzo dell’epoca musulmana. A pochi metri s’intravede il fiume Mazaro, adesso disseccato in questo tratto, ma ricco d’acque fertili nel periodo in questione. 
Verosimilmente faceva parte di un mizel, casale, cioè una fattoria musulmana, costituita da un centinaio di persone, rigoglioso centro di vita agricola, dei quali si arricchì il territorio di Mazara. Ricordiamo solo a scopo esemplificativo i Mizel Bisir, Mizel Ab’l Hayr, Mizel Husaym, Mizel Rahasal, Gazela etc. Grazie a questi casali, l’economia della città ebbe un poderoso risveglio e la precedente produzione agricola di frumento, vino ed olio, si accrebbe di limoni, aranci, gelsi, datteri, meloni, cotone, sesamo, orzo, lino, sommacco (sfruttato per la concia delle pelli) e, soprattutto, della seta che era apprezzata e ricercata dai mercati stranieri. Per non trascurare la presenza degli immancabili giardini che emettevano il profumo di nuovi fiori:gelsomini, giacinti, gerani, lillà, etc. La popolazione dominatrice era costituita in piccola parte da Arabi, dediti alle scienze e alla filosofia, e in maggior numero da Berberi, dediti all’agricoltura. Erano costoro gli artefici della straordinaria ricchezza agricola che trovò sbocco nel commercio, oltre quello marittimo con i paesi del nord-Africa, della Spagna e con le repubbliche marinare di Genova, Venezia, Amalfi, Pisa, etc. anche attraverso gli “assi viari”, cioè le vie interne, le famose trazzere, adiacenti ai mizel. Un asse univa Mazara a Trapani attraverso mizel intermedi, cioè dal mizel Bizir (noto come casale del vescovo di Mazara) al mizel Ishem e al mizel Ga’far. Un altro asse viario congiungeva Mazara a Salemi, partendo dal mizel Ab’l Hayr. Quest’ultimo percorso commerciale andava ad immettersi nella “magna via pubblica Mazariae” che univa i due centri più importanti del periodo musulmano, Palermo e Mazara. Lo splendore commerciale si rifletté sullo sviluppo edilizio e sulla ricchezza cittadina. IL geografo Edrisi, infatti, nel suo “Libro di re Ruggero”, trattando di Mazara, accenna anche ai “mercati zeppi di merci e manifatture, spaziose botteghe, orti e giardini con elette piantagioni. Da tutte le parti vengono a Mazara mercatanti e viaggiatori e ne esportano la roba che abbonda nei suoi mercati. Il suo distretto vastissimo abbraccia casali e masserie. Scorre ai piedi delle sue mura il fiume Wadi al Magnum (il Mazaro), nel quale caricano le navi e svernano le barche”. La mente fervida attuale con un immaginativo volo all’indietro di secoli ripristina la vita faticosa del nucleo agricolo costituito da laboriosi lavoratori della terra. Un fumo esce dal comignolo del raggruppamento di dimessi alloggi, animali domestici in libertà brucano l’erba della campagna inseguiti da pargoli dispettosi mentre uomini, donne, giovani e canuti, dediti alla produzione della pregiata seta, si affaccendano attorno a questo pozzo musulmano e all’area libera tra il villaggio di case rustiche ed il fiume spiritato. Pillola di storia smarrita nel tempo e dimenticata dalle menti distratte.

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