lunedì 30 novembre 2009

Ignazio Crema & Antonino Ingargiola

Ignazio Crema e Mastu Nino Ciolla, al secolo Antonino Ingargiola, sono stati i co-titolari del Cantiere Navale, che era ubicato sotto il Ponte sul Mazaro. Valenti carpentieri navali sono stati dei pionieri nella costruzione delle piccole imbarcazioni in legno che hanno accompagnato per anni i nostri pescatori nel faticoso lavoro quotidiano. 

L'officina negli anni Cinquanta 


Alcuni collaboratori 
Dall'albero al prodotto finito 






Nino Ingargiola, Ignazio Crema 


con un gruppo di collaboratori 


Sullo sfondo le vecchie case popolari

Tra i tanti meriti di don Gaspare Morello vi fu, anche, quello di suo fattivo e determinante intervento nel settore della Piccola Pesca. Realizzò una cooperativa che riunì la gran parte degli operatori di quel settore, apportando benefici, vantaggi e maggiore lavoro per tutti. Riqualificò un ambiente disastrato, invelenito da negativa concorrenza, facendolo diventare un fiore all'occhiello della nostra marineria. Era anche convinto dell'importanza dei servizi collaterali ed in particolare della cantieristica, pertanto divenne amico ed estimatore sia di Ignazio crema sia di Nino Ingargiola, riconoscendo loro doti di grandi lavoratori ma soprattutto di valenti artigiani. Importante fu il contributo di supporto che, costoro, con la loro indiscussa maestria, diedero all'intero settore. 


Ignazio Crema, don Gaspare Morello, Nino Ingargiola (a destra un piccolo Maiorana) 


Il momento più bello: il Varo - Era una avvenimento che coinvolgeva tutti 
La benedizione e il battesimo del natante 

Ammirate quanta calorosa partecipazione 
Festa di tutti 


L'Azienda operava pure nel Settore delle imbarcazioni da diporto 

1957 - Mostra Mercato - Stand Espositivo di unità da diporto 
Ignazio Crema, Nino Ingargiola & collaboratori 




Visita allo stand delle Autorità civili e religiose 
Bartolomeo Romagnosi, Umberto Castelli, don Lorenzo Caravaglios, Antonino Ingargiola, l'avv. Giorgio Cobertaldo presidente del CPC (Commissione Provinciale di Controllo), mons. Gioacchino Di Leo, ing. Norrito 

Anni Settanta 
Una delle imbarcazioni di media grandezza che venivano "tirate" per la normale manutenzione

Veduta dal fiume 

domenica 29 novembre 2009

Meccanici

Anni Cinquanta

Norrito Giosuè



Meccanico di Auto - Officina di Giuseppe (Piddru) Cacioppo
 (dove oggi sorge il palazzo edificato da Dante Burgio nel lungomare Mazzini)

1951 - Pino Marino (il secondo)
Prima di diventare Vigile Urbano, lavorò per un certo tempo come meccanico nell'officina di Piddru Cacioppo

Piddru Cacioppo

14/1/1958


Retro



1959 - Meccanico Moto
Tommaso Di Bona

1962 - Officina Gaspare D'Aguanno - Lavori in ferro - via Settevanelle
L'operaio Gaspare Sciuto

1976 - Officina Gaspare D'Aguanno (via Pietro La Rocca)

Pino Carrato, Filippo Falcetta, Mimmo Lodato, Vito Alagna, Vito e Rosario Maragioglio  

1969 - Officina Meccanica - Lungomare San Vito (di fronte alla chiesa)
Angelo Romano, Pipitone, Pino Curatolo, Nicola Rallo, Gaspare Rizzo

Anni Settanta
1973
Vincenzo Bruno, Ciccio Pisciotta, Salvino Giaramitelli (infermiere)

sabato 28 novembre 2009

' U Stazzuni

Il termine è il luogo della lavorazione dell'argilla per la realizzazione di vasi, mattoni ecc. e stazzunara sono gli artigiani addetti alla realizzazione dei manufatti di terracotta. Lu mastru stazzunaro è un vero maestro del tornio, che nell'uso sapiente di questo particolare strumento e nella scaltrita conoscenza delle tecniche di tornitura esplicita un patrimonio culturale di maggiore spessore e complessità. Negli anni trenta - quaranta erano in attività Federico Vanella, Pietro Ingarra, Paolo Fascella e Nino Sforza. Nel quartiere Mulino a vento erano ubicate le fornaci di numerose famiglie, come quella dei Nastasi, dei Castigione, degli Stassi, dei Cremona e dei Grimaudo e quella dei Rubino. Attualmente l'unico rimasto è quello di via Marsala un tempo gestito da mastru Turi Rubino, oggi dal figlio. Le ubicazioni erano in relazione ai luoghi di estrazione della materia prima e dalle fonti di approviggionamento dell'acqua e in parte dalle vie dicomunicazione che favorissero la commercializzazione. Spesso l'attività che si svolgeva da aprile ad ottobre, veniva integrata con seconda attività, quasi sempre agricola, che si svolgeva da novembre a marzo. (Chi volesse approfondire l'argomento può farlo leggendo il libro di Tonino Cusumano "La terra e il fuoco")
Il reportage fotografico è stato da me eseguito negli anni 70

Fornacei Rubino - via dei Ciclopi (adiacente la via Marsala)


La creta

Panoramica dall'alto - Essiccamento dei manufatti



Mattoni essiccati e posti in deposito, pronti per la fornace

Pinnata e manufatti in essiccamento

Un fedele compagno di lavoro per preparare la materia prima









Piccolo lavorante che immette la creta nell'apposita macchina per ottenere un impasto compatto...

... duttile e pronto per consegnarlo per il lavoro definitivo



La creta impastata pronta per la lavorazione sotto la pinnata. Dal punto di vista chimico le argille sono silcati idrati d'alluminio. L'argilla è da cunzari e da allatinari (da addomesticare e rendere duttile e manipolabile). Dalle nostre parti l'argilla si estrae dalle cave nella valle del Belìce.


Altro lavorante che si prepara











Salvatore Rubino, mastro vasaio

Quella del vasaio è un’arte che si tramanda da millenni, In epoca pre e protostorica il vasaio usa l’argilla così come la trova in natura e, dopo una depurazione sommaria, passa direttamente alla modellazione. In epoca storica, invece, si pone maggior attenzione alla granulometria dell’argilla, in quanto il prodotto finito non deve essere solamente funzionale, ma anche gradevole alla vista. E, così, dagli impasti molto grossolani con cui sono realizzati i vasi più antichi, ottenuti direttamente con l’argilla estratta dalle cave senza operare nessuna scelta qualitativa, si passa ad impasti meno rozzi che contengono argilla “più pulita”, fino ad arrivare alla cosiddetta “argilla figulina”, cioè ad un amalgama che, prima della modellazione, viene sottoposto ad una serie di operazioni finalizzate all’eliminazione di qualunque particella estranea (pietruzze e detriti vari) presente nelle zolle di argilla, attraverso sistemi quali la setacciatura, la levigazione in acqua corrente e la sedimentazione in acqua ferma. Si procede poi alla modellazione, oggi chiamata “foggiatura a mano”, con l’ausilio delle sole mani senza alcuna attrezzatura, perché era sufficiente rendere concavo, attraverso la pressione delle mani, un pane di argilla, che era poi ulteriormente sagomato e rifinito. Da queste prime ed elementari tecniche si passa a quella molto più precisa del tornio (greco “trochos”; latino “rota figularis”): solitamente verticale, esso è costituito da un asse che collega un piatto circolare superiore con un disco inferiore in legno che viene fatto ruotare con i piedi, dandogli la velocità necessaria per far “montare” il pezzo. A foggiatura finita il vaso è posto ad essiccare, per fargli perdere l’acqua in eccesso. Si applicano successivamente eventuali rivestimenti e la decorazione, praticando con un arnese appuntito delle incisioni più o meno profonde. Si passa, quindi, alla cottura, che avviene in appositi forni ad una temperatura, che, spesso, oltrepassa i 1000 °C. I risultati di questo processo produttivo sono di una bellezza che lascia a bocca aperta. I primi manufatti in ceramica appartengono al periodo Neolitico, risalenti al secolo XI a.C. e rinvenuti in Giappone e in Cina. Tra il IX e l’VIII secolo a.C. la ceramica viene prodotta prima nell’area mediorientale, nella cosiddetta “mezzaluna fertile” (le moderne Iran, Irak, Turchia e Palestina), poi si diffonde nel “mondo mediterraneo”, specialmente nell’antica Grecia, che ha prodotto una notevole influenza su tutto l’Occidente e, quindi anche sulla nostra Calabria. Grande e variegata è stata la produzione di ceramica, con la quale sono stati realizzati ornamenti, opere d’arte e di culto (statue, sarcofagi), materiali per l’edilizia (mattoni, tegole, piastrelle, tubature), attrezzi da lavoro (pesi da telaio, fornelli, anfore, mortai, lo stesso pentolame, scodelle, brocche).

Filippo Rubino (figlio, continuò la tradizione di famiglia fino al 2017)

Nel pomeriggio di oggi 21 marzo 2017, intorno alle ore 15.30,  è deceduto all'interno della azienda Filippo Rubino di 69 anni. Salito su una scala, per cause in fase di accertamento, forse colto da un malore, si è accasciato sula coclea, il rullo che poi va a scaricare il materiale argilloso all’interno di una pressa. Incidente sul lavoro o malore improvviso?


Poesia
Ciatò supra la crita e fici l’omu...
«Ha travagghiari, omu, cu suduri!»
E l’omu s’arrabbatta pi campari,
e puru di la crita iddu si servi
comu fici lu Granni Stazzunaru.
Ma pi fari chi cosa, criaturi?
Iddu è na cosa nica, un cicercu,
è na muddica di lu pani santu.
Eppuru cu la crita iddu cci campa.
Lu pedi nto pidali di lu tòrniu,
li manu ch’accarizzanu la crita
- vagnata ed allisciata cu mastria -
assemi a lu suduri chi l’allustra
vannu figghiannu bbùmmuli e lanceddi,
e ggiarri cu quartari e varilocchi,
e canali e maduna e tanti lemmi.
E lu cori s’allarga di prijzza...
Lu Granni Stazzunaru fici l’omu,
lu stazzunaru nicu fa lanceddica,
chini d’acqua, astutanu la siti
di cu di crita è fattu e d’idda campa.
                          Biagio Scrimizzi