martedì 6 ottobre 2009

Irene Marusso: insegnante, scrittrice, poetessa

Irene Marusso (1913) (nata Russo sposata Marrone). Ha pubblicato: “Clessidra ” (poesie); “Uomini al sole” (racconti); “lo, l'africana ” (poesie); “Domicilio coatto ” (teatro); “La bellezza della vita ” (romanzo - rinnegato peri molteplici e gravi er¬rori tipografici); “Sulla sponda del fiume, ad occidente” (poesie); “Vita sul fiume” (romanzo) ; “Annotazioni ” (poesie); “Racconti siciliani ”; “Se torno biografa di me stessa ” (poesie); “Una moglie frigida ” (romanzo); “Dal trauma del nascere ” (poesie); “Umanità alla sbarra ” (romanzo); Appigli, 1987 (poesie); Mensomatosis, 1992 (poesie).

Plesso Santa Caterina- Irene Russo (nel ruolo di maestra)
Maestra Irene Russo Marrone



Scuola Media "Giuseppe Grassa" - Incontro con gli alunni


Irene Marusso, Nino Contiliano, Anna La Melia

POESIE

(Da: “Gli eredi del sole”, 1987)
Naufragio

Distaccarsi dal ramo
foglia morta su mucchi di letame
e odore d'altri tempi
che investe quest'inverno
trepido a morire.
Memorizza il gabbiano sogni d'aria
e si spiuma al mattino
nella nebbia bassa
che sovrasta il canale.
Altre mattine
percorrevano venti alle marine
e il berretto strappato al marinaio
non pesava
più del suo corpo impigliato alla rete.
Adesso il pianto
ha sinistre risonanze
sui fianchi delle barche
e se l’alba ci dona speranze
è come un'offesa al dolore.




(Da:”Appigli”, 1987)
Platone docet

Per tanti anni legata alla grotta
come una bestia ferita
e solo qualche barlume
qualche luce improvvisa da incenerire
chi non fosse stato d'amianto.

Adesso amo la mia natura forte e provata
in continuo travaglio e in continua ripresa
allineata al vivere convulso
e al magistero di letture inquiete
di scritture discontinue.

Forse anch'io araba fenice
piccola donna che ha infranto catene
che ha valicato montagne
che ha saltato fossi senza paure.

Nell'universo brulicante di sollecitazioni
ho imbroccato la via giusta
quella che va verso il sorriso
di albe mediterranee
di tramonti africani stemperati nel sangue
e di affetti legati al filo del cuore.
TUTTO GIOIA DEL VIVERE.



Eredi Di Artisti

La natura marcescibile arricchita
da nuovi flussi sanguigni
sta generando una vita nuova
pure nell'amplesso non vivificato
da cellule germinali.

E il frutto si matura in altro alvo
meno materia e più spirito
meno istinto e più consapevolezza
consapevolezza di ricchezza cromosomica
che mi ha fatto erede di artisti
nell'utero della madre
ed esplosione di ardita fierezza
nel seme del padre
occhiazzurri - normanni.



(Da: “Metensomàtosis”, 1992)
Il mio fiume
(prima parte)

Un fiume
pigro oleoso denso di nafta
ma pure vivo per tanto
sfiatare di sirene.
Culla dei miei progenitori
- piccoli mercanti -
e ora ricchezze di squame d'argento
tradotte in miliardi.
Traffico da capogiro
uomini di colore alle banchine
pescatori non piú a piedi nudi
abiti firmati e profumi costosi.

Alla foce si fa sogno
il mare
lago limpido e terso
sotto il sole d'inverno
vecchio paradiso accarezzato
dai tempi delle canoe
nei silenzi incontrastati della natura
quando il tonfo di un ciottolo
lanciato a pelo d'acqua
aveva un suono armonico
ora ucciso dal rombo dei motori
che costruiscono denaro per chi
di denaro è avido.


Il mio fiume
(seconda parte)

Il mio fiume non canta piú.
Denso, oleoso, si muove indolente
si attacca ai fianchi delle barche
alle rive non erbose
agli anfratti delle grotte
nelle quali un tempo
cantavano, sì, gli aedi
convenuti alla fonte d'Ippocrene.
E c'erano allora aranci e zàgare
a profumare l'aria
e l'arabo inseguiva la fanciulla
per piegarla sull'erba.

Ora è un triste silenzio
e se gracida la rana
o gracchia il corvo
ci si allontana spediti
per scendere alla foce
godersi l'abbraccio del mare
che spuma allegro
sui fianchi delle barche giovani
quelle che corrono all'avventura
predatrici di vite guizzanti.
E se il canto non è sinfonia
c'è un suono tonfante di tamburi
legati a gridi di vittoria
o a frullare di danze
eterno retaggio nella mia terra
dirimpettaia dell'Africa nera.



Scientifica

Questo alternarsi di segni
questo vivere coi cicli della luna
un giorno cara ai poeti
- ora depauperata dai rari silenzi –
guardata come magìa incombente
sui giorni umani.
Alternarsi di cicli come maree
sulla nostra psiche
oceani che assalgono le battigie
che impongono anche alternanze
alla nostra natura
fatta pure di acqua.


Il Filo E Il Fuso

Nessuna maga
ha tramato la mia tela.
Il filo e il fuso sono solo miei.
Li custodisco
in un angolo della mente
al riparo da occhi indiscreti
e non perché sia gelosa
dei miei arnesi
solo che mi piace
tirarli fuori a sorpresa
per filare
e poi stendere una trama
sul foglio bianco nel quale
la mia anima si coagula
in zampette d'insetti
parole forse poco decifrabili
geroglifici per interpreti
adusi a giochi di poesia.

E anche questo partire e tornare
è una tessitura che giova
al mio cuore - contenitore
che dalla Sicilia reca
il suo vaso di Pandora
e da Roma riporta il senso dell'Eterno.

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