martedì 1 aprile 2008

Orazio Napoli

Orazio Napoli (Mazara del Vallo 1901 – Milano 1970) visse a Milano, dove si trasferì nel 1925, lavorando prima come correttore di bozze e poi come lettore presso la Mondadori.
Negli anni Trenta operò a fianco di scrittori come Quasimodo, Tofanelli, Sinisgalli, Carrieri, Zavattini, Saba, Cardarelli, Pea, Gatto. Collaborò a «L’Italia letteraria», «Corrente», «Campo di Marte» ed altre riviste. Nel 1948 gli fu assegnato il Premio San Babila, per gli inediti, insieme a Giuseppe Ungaretti. Nell’ultimo periodo della sua vita lavorò a un romanzo, rimasto inedito, ambientato nel mondo della tossicodipendenza. Fu sepolto a Mazara del Vallo per interessamento di Rolando Certa. Opere poetiche: Il cadavere innamorato, Milano, Istituto editoriale nazionale, 1929; Poesie. Con un saggio sulla poetica di Jacopone da Todi, Primi Piani, 1940; Notte Legame Mare, Milano, Mondadori, 1956 (collana “Lo Specchio”); Gli occhi a terra, Venezia, Editrice lombardo veneta, 1964 (2a ed., 1966); Smarrimenti, Milano, Libreria Cavour, 1968. Opere narrative: Deserto a Melbourne, Milano, Istitutoeditoriale nazionale, 1935; 22 letti, Ceschina, 1967.


PORTO

Sugli arti e l'abito nero
mi pesa l'aria del porto.

La guerra è coraggio di passare
da una all'altra riva:
la chiatta scivola adagio
su brune macchie d'unto.

Io vidi - salto mortale-
barche distese sul dorso,
tetti (strisce di nuvole) nel vuoto.
Morte nel fuoco, morte nell'acqua.

Intorno al molo e al sesso
raccolsi - resti marini -
me, una donna e un cavallo.

La guerra è coraggio di passare
da una all'altra riva:
la chiatta scivola adagio
su brune macchie d'unto.

Io vidi - salto mortale -
barche distese sul dorso,
tetti (strisce di nuvole) nel vuoto.
Morte nel fuoco, morte nell'acqua.

Intorno al molo e al sesso
raccolsi- resti marini -
me, una donna e un cavallo.

RICCHEZZA

Il meglio della costa mazarese
mi torna in testa con le cerase,
le reti al sole, la chiatta alla foce,
i barili di pece e il calafato.

Faggi rossi, donne giovani a valle
e frutti gonfi di rigoglio.
Il marrobbio, le vele e la votazza.
Ho lasciato alle spalle una ricchezza.


Veliero

Nei quadrivi della marina
- strade a serpe - le notti,
come uomo che nega, sanno
che la banchina a galla
accresce la schiera delle pomici.
E gli amanti annodati.

La dura cuccetta del veliero
sotto i travi ricurvi
mi tiene a gambe piegate.
E' meglio chiamare morte
la vita tra i soffi di vento
che rompono le mani.


Paese

Paese pescatore (apparsa l'alba)
cominciava a rompersi le braccia.

Le donne (spalle nude e canto mollo)
passavano le ore a faccia a faccia
con sardelle, barili e salamoie.

Erano altre noie le reti al collo,
fiocine, nasse e canne appese ai muri.

Al tramonto la gente si affollava
per l'evento più atteso della sera:
le barche di ritorno e il pesce a riva.

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